Dal corriere della sera - 19 novembre 2008
I commercianti e l’anticipo degli sconti «Siamo costretti: è arrivata la recessione»
Vendita promozionale. «Svendo per rinnovo locali ». «Meno 40 per cento su tutta la merce». Signore e signori, è partita la stagione degli sconti. Manca più di un mese a Natale ma il clima del commercio è quello di gennaio inoltrato. Con i negozi di abbigliamento che si inventano di tutto pur di portare un po’ di soldi in cassa. Perché la legge fa partire i saldi soltanto da gennaio. Ma se i conti non tornano, allora si sfidano anche le regole. «Il Natale arriva quando arriva», recitava una vecchia pubblicità. Come dire: gli acquisti natalizi sono un piacere, e allora tanto vale cominciare a fare qualche compera con discreto anticipo. Con la crisi oggi i consumatori (e le imprese) hanno ripreso possesso del calendario. Delle pubblicità natalizie, che negli anni scorsi partivano già dopo la ricorrenza dei Morti, oggi non c’è traccia.
E gli italiani sembrano voler resistere il più possibile alle sirene del consumismo prima di allargare i cordoni della borsa. «Il prossimo sarà un Natale gelido — preannuncia il sociologo dei consumi Giampaolo Fabris —. Anche perché questa crisi si innesta su una compressione dei redditi che viene da lontano. Per precisione, dal febbraio 2001». I vaticini degli esperti trovano riscontro nella realtà. Qui Milano: «I nostri associati parlano di situazione drammatica —ammette Mauro Toffetti, presidente di Confesercenti sotto la Madonnina —. Non si vende, i soldi non entrano e così molti si indebitano. Ho visto la crisi degli anni ’70, quella del ’93. Ma mai niente del genere». Qui Roma: «Gli sconti vanno dal 20 al 40 per cento. Anche alcuni grandi gruppi li praticano. I negozi di abbigliamento e accessori lamentano una diminuzione del fatturato dal 15 al 30 per cento», fa il punto Valter Giammaria, segretario generale Confesercenti Roma.
Il problema non riguarda solo le grandi città ma tutto il Paese. Secondo Federazione Moda Italia (Confcommercio) il giro d’affari dell’abbigliamento nei mesi di settembre-ottobre 2008 rispetto allo stesso periodo del 2007 è diminuito dell’8 per cento. Il che significa 470 milioni di euro in meno nelle casse del tessile/ abbigliamento. Quest’ultimo calo si innesta su una situazione già delicata. Come ricorda il sociologo Enrico Finzi, «nel periodo che andava da settembre 2007 a settembre 2008 il 64 per cento degli italiani aveva già dichiarato di aver ridotto la spesa per abiti e accessori ». Tornando ai ribassi, quando si parla di «sconti» vale la regola del «si fa ma non si dice». I saldi sono fuorilegge fino ai primi di gennaio. E chi li pratica rischia una multa da 500 a 3.000 euro. Se invece di appendere il cartello «saldi» si espone quello con su scritto «vendita promozionale» la forma è salva: niente sanzioni. All’estero spesso i ribassi si possono praticare alla luce del sole già a ridosso del Natale. In Gran Bretagna, per esempio, il via libera agli sconti è previsto per il 26 dicembre. Negli Usa non ci sono regole. In Francia si parte a gennaio.
Ma la crisi sta forzando le regole un po’ dappertutto. «In Italia la congiuntura difficile ormai tocca anche il settore del lusso—fa notare Carlo Pambianco, consulente per le imprese della moda —. Con la crisi finanziaria le fasce sociali ad alto potere acquisto si sentono più povere. E preferiscono stare alla finestra dello shopping». «Il rischio è che il calo dei consumi di quest’anno sia solo un antipasto —si inserisce Antonio Fossati, docente di Modelli distributivi e di consumo all’università di Pavia —. Oggi gli italiani non comprano perché in banca i risparmi si sono ristretti. L’anno prossimo il problema rischia di essere più grave. Con i mancati consumi dovuti alla perdita del lavoro». Oggi, il Problema per la maggioranza dei negozi del tessile-abbigliamento è il pericoloso assottigliarsi dei flussi di cassa. «Un quarto dei punti vendita del settore è pesantemente indebitato. Prendere soldi a prestito diventa l’unico modo per finanziare l’acquisto delle collezioni della stagione successiva. In palio c’è la sopravvivenza delle attività», sintetizza il presidente di Astra Demoskopea, Enrico Finzi. Visti i tempi grami, è arrivato il momento di liberalizzare gli sconti? «La categoria è divisa—risponde il presidente di Federazione Moda Italia, Renato Borghi —. I negozi dei centri cittadini e delle grandi catene vorrebbero anticiparli. Quelli di periferia e di provincia preferiscono tenere duro. Nel rispetto di chi ha già programmato turni di lavoro e campagne pubblicitarie, non mi pare il caso di cambiare le regole in corsa».